Una preghiera a mamma Giulia: L’omelia che ci ha commosso
In occasione del Trigesimo, ci stringiamo in preghiera a don Andrea, Tullio e Luciana, pubblicando la commovente Omelia di saluto celebrata lo scorso venerdì 17 luglio. Questo messaggio, che ci è stato inviato dal nostro vicepresidente Paolo Zanini, amico di don Andrea, ci ha profondamente toccato e vogliamo condividerlo con voi.
Don Andrea, con le sue parole, ci trasmette un messaggio di amore, speranza e gratitudine nei confronti della mamma Giulia, una donna straordinaria che ha combattuto con coraggio e determinazione la sua battaglia contro la Sla. Cari don Andrea, Tullio e Luciana: AISLA è casa vostra, nostro il vostro dolore.
L’Omelia di don Andrea Destradi per il saluto a sua mamma Giulia
Trieste, venerdì 19 luglio 2024
Nella vita ci sono prime e ultime volte. Ma ci sono anche momenti unici come il nascere e il morire e tutti sono accompagnati – a seconda dei casi – dalla gioia o dal dolore. Oggi celebriamo un momento “unico” di Giulia, la mia dolce e cara mamma: l’incontro con il Signore buono e misericordioso. È un momento unico per lei e lo è anche per me, per quanti le vogliono bene e per la nostra, ormai piccolissima, famiglia. Proprio dieci anni fa ci siamo raccolti in questo stesso luogo: era l’11 novembre 2014, con tanti di voi, per salutare il mio papà, Nevio, anche lui mancato per una malattia rara: l’amiloidosi. Dobbiamo superare il pudore che ci fa nascondere il nome dei mali che affliggono la nostra vita… i nemici vanno chiamati per nome.
Il cammino che oggi si conclude è iniziato nell’estate del 2019, con una strana caduta. Dopo quasi un anno di esami medici ecco il momento della diagnosi: malattia del moto neurone. Cioè? Detto con uno spaventoso acronimo: SLA. (Sclerosi Laterale Amiotrofica), una malattia lenta e inesorabile che ti toglie e ti porta via il tuo caro e dai tuoi cari un pezzetto alla volta. L’incidenza di questa malattia è di 1-3 casi ogni 100.000 abitanti, in Italia ci sono circa 3.500 malati, (1.000 nuove diagnosi ogni anno) 80-90 nella nostra regione, di cui 20-30 nella nostra provincia di Trieste. La SLA più raramente esordisce prima dell’età di 20 anni, per lo più compare dopo i 40 anni; l’età media di insorgenza si colloca intorno ai 58 anni. La durata media della malattia è intorno ai 3-4 anni, il 10% dei pazienti sopravvive oltre 10 anni e in singoli casi la malattia può durare per diverse decadi. La ricerca va avanti, qualche spiraglio ogni tanto di affaccia, ma intanto per chi la vive è una strada che è un vero Calvario, per il malato come per la famiglia. Il sistema sanitario è in tilt per le cose più semplici ed è ancora più in crisi per le malattie rare. Ma oltre al sistema ci sono le persone che invece possono, sempre, fare la differenza.
Nel caso di mamma la SLA come un tarlo lento, silenzioso ma inesorabile, è partita dai piedi e dalle gambe: prima non si riesce a stirare e a pulire casa, poi a cucinare (le cose buone che solo le mamme sanno fare), poi non si cammina più, poi vengono a mancare le carezze, gli abbracci, i baci e le parole. Cosa resta, allora? L’essenziale: lo sguardo. Si impara a parlare con gli occhi, a capirsi solo dagli occhi che parlano la stessa lingua, quella dell’amore che lega una madre a suo figlio e alla sua famiglia e ai suoi cari. Oltre a questo, nel mese di febbraio alla SLA si è associata una forma grave di demenza frontotemporale che ha reso tutto più complicato. Così abbiamo imparato a parlare con gli occhi: da febbraio a sabato quando, benché niente lo lasciasse presagire, e dopo aver addirittura mangiato del buon gelato al cioccolato, in pochi minuti anche il suo sguardo si è spento, lasciandomi e lasciandoci qualcosa di ancora più essenziale: l’amore stesso. È per questo che non riesco ad essere né triste né arrabbiato, ma profondamente in pace. Le cose, per come sono andate, credetemi, sono state perfette così. Quando l’amore resta, tutto è perfetto. Non manca niente. (cf. 1Cor 13, 1ss).
La parola di Dio che abbiamo ascoltato, accompagna ed illumina, per noi che restiamo, questo momento. In gioco c’è la nostra vita: quei giorni che abbiamo da vivere e guai se non lo facessimo, tradiremmo il dono che ci è stato fatto da Dio e dai nostri genitori.
La vita è un po’ così come ce la racconta il libro del Qoèlet che ci ricorda: “Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire” (Qo 3,1). Uno sguardo al nostro esistere quotidiano ci conferma queste considerazioni della Scrittura, percorrendo un po’ tutte le situazioni umane, anche quelle più contrastanti fra di loro. Personalmente la coincidenza delle due date conferma la sapienza della Bibbia: la mia nascita da lei 46 anni fa e, il giorno dopo, a 77 anni, 11 mesi e 1 giorno la sua partenza per la pienezza della Vita nella quale la fede cristiana crede: un tempo per nascere un tempo per morire. Oltre alla considerazione dei tempi della vita, la sapienza biblica lascia spazio anche per l’incursione di alcune riflessioni sull’agire di Dio in tutto questo. Bisogna quindi ascoltare anche queste parole: “Egli (Dio) ha fatto bella ogni cosa a suo tempo; inoltre ha posto nel loro cuore (degli uomini) la durata dei tempi, senza però che gli uomini possano trovare la ragione di ciò che Dio compie dal principio alla fine […] Riconosco che qualsiasi cosa Dio fa, dura per sempre; non c’è nulla da aggiungere, nulla da togliere. […] Solo Dio può cercare ciò che ormai è scomparso.” (Qo 3,10ss). Com’è vero che noi non comprendiamo tutto dall’inizio alla fine… ma com’è altrettanto vero che se cerchiamo in Dio ciò che è scomparso, anche i nostri cari; siamo certi che in Lui li troviamo! Trovo verità in ciò.
È tutto perfetto così, pur senza nulla togliere al dolore che l’assenza che mamma lascia nella mia vita e in quella di tante altre persone che le vogliono bene. Ma ci rivedremo! Bisogna solo avere pazienza ed imparare ad attendere. Nella lettera ai Filippesi leggiamo che: “La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,20-21).
Lei era forte e fragile al tempo stesso, buona, dolce generosa e disponibile a vivere serenamente la volontà di Dio. Spesso ci chiedevamo insieme il perché di questo. Senza trovare risposta, però le dicevo che bisogna pensare che sia come una sorta di “copione” di uno spettacolo, quello della vita, da recitare al meglio e fino in fondo, attendendo gli applausi finali. Per questo sono certo che il Signore le ha già detto: “Vieni, benedetta del Padre mio, ricevi in eredità il regno preparato per te fin dalla creazione del mondo […] Ero malato e mi avete visitato, ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,33). Non fiori ma opere di bene ho scritto sul giornale e sui social. Mamma nella sua vita, pur non avendo mai avuto parte ad organizzazioni di volontariato, ha sempre aiutato chi aveva bisogno, e l’aiuto è dono, sempre a fondo perduto. Ha vissuto, insieme con papà anche delle ingiustizie in diversi aspetti della vita, tuttavia alla nostra famiglia non è mai mancato niente, né mai ha alimentato in sé sentimenti di rivendicazione, vendetta o cattiveria verso alcuno. Da lei e da papà ho imparato che “darsi una mano” e scoprirci “fratelli tutti” è la vera scelta che possiamo fare nei giorni della nostra vita. Ecco perché, dando concretezza a ciò che mamma è, ho pensato insieme con lo zio che invece dei fiori, questa possa essere un’occasione buona per un gesto concreto: sostenere AISLA e la CARITAS diocesana che promuove, fra le altre iniziative, il dormitorio per i transitanti che si sostiene con le sole donazioni.
Il dolore la sofferenza che ciascuno di noi vive nella propria vita e che accosta nella vista degli altri non trattiamolo mai come carta straccia da appallottolare e buttare via nel cestino delle immondizie. Anzi, vivendolo, trattiamolo come stoffa preziosa e raffinata come seta con la quale poter fare abiti preziosi per noi e per gli altri, rivestendoli dell’abito prezioso della Carità che non solo non fa male a nessuno, ma fa del bene, tanto che a volte salva la vita al prossimo, come ha fatto il Samaritano, cioè Cristo con ciascuno di noi.
Mamma aveva una fede semplice, asciutta, concreta ed essenziale, per questo non posso far altro che dire con il Salmo 144 che “Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature.” Su Giulia e su ciascuno di noi, sue creature.
Amen.