Un corpo immobile e una mente in movimento
Dott.ssa Elisa Rigoni
Dal 2019 lavoro come Psicologa presso l’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica AISLA, sezione di Cremona.
Durante il colloquio di selezione ho comunicato che stavo frequentando la Scuola di Specializzazione basata su un approccio di Analisi Immaginativa, che agli occhi della selezionatrice risultava poter essere efficace in un percorso di cura psicoterapeutico per persone colpiti da una patologia fisica a prognosi infausta, come la Sclerosi Laterale Amiotrofica, che provoca una paralisi muscolare progressiva, coinvolgendo la capacità di muoversi, di parlare, di deglutire e di respirare.
In questa condizione se la persona ha una scarsa elaborazione, con poche capacità introspettive, espressive e di insight, può vivere l’insorgenza della malattia come un’esperienza drammatica, al punto da compromettere l’integrità di sé, fino ad una condizione di estrema fragilità. E’ costretta, infatti, a riorganizzare l’immagine di sé, del proprio corpo e delle relazioni con l’ambiente e a dover fare i conti con una condizione dal decorso imprevedibile e a sostenere sintomi fisici di notevole importanza, accompagnati da vissuti di rabbia, paura, angoscia, vergogna e senso di colpa in particolare verso il familiare.
La SLA, infatti, è un evento critico che non colpisce solo chi ne porta i segni sul proprio corpo, ma tutta la famiglia, che si trova costretta a fronteggiare il disagio personale, relazionale e organizzativo che da essa deriva. In particolare ad essere leso è il caregiver, in cui si riscontra affaticamento fisico e mentale, non solo per l’elevato carico assistenziale da sostenere, ma anche per il dolore, la paura e il senso di impotenza, aggiunti magari a rivendicazioni radicate nel tempo o sensi di colpa che durano da anni. Inoltre, il perdurare della cura e la frequente presenza dei sanitari interrompono l’intimità familiare e trasformano l’ambiente fisico, i ritmi di vita e il clima all’interno della casa. La malattia impone, quindi, all’intera famiglia una riorganizzazione e un riadattamento concreti e simbolici, a seguito dei cambiamenti pratici, affettivi ed esistenziali che la malattia porta con sé.
Da tali premesse è nata la scelta di un intervento psicoterapeutico per queste persone, laddove le condizioni cliniche lo permettono, basato sull’Analisi Immaginativa, in cui gli elementi fondamentali del lavoro terapeutico sono: l’esperienza emotiva, arricchita da un linguaggio non solo verbale, ma anche del corpo e delle immagini e la Rêverie,
intesa come quella capacità del terapeuta che abbandona “memoria e desiderio” e si predispone in un atteggiamento ricettivo e intuitivo con il proprio inconscio, disponendosi alla fantasticheria ad occhi aperti, all’immaginazione, al sogno, all’intuizione per poter far risuonare e rappresentare in se stesso le immagini e gli input del paziente (Bion, 1992).
Nel terapeuta in stato di rêverie affioreranno, così, immagini visive, ma anche rappresentazioni acustiche o di altri registri sensoriali, più o meno organizzate, da semplici flash istantanei a sequenze narrative di varia durata. Così facendo coglie, sogna e trasforma, consentendo alla persona la ricostruzione della trama della sua storia, la tessitura dell’esperienza frammentata e il recupero della sua identità integrandola con quella attuale.
Nel caso clinico presentato nella mia tesi di specializzazione ho ripercorso tutte le mie rêverie, le immagini nate improvvisamente dalle parole della coppia che ho seguito; parole che di fronte ad un corpo immobile e ad una relazione bloccata, mi hanno guidata a sintonizzarmi con il mio, il loro inconscio e verso la relazione. Ho immaginato al posto della coppia, nel momento in cui mi disponevo ad iniziare l’incontro in una comunicazione molto intima, a vivere il clima emotivo della seduta e quando mi avvicinavo al loro. Per ultimo l’ho fatto dando ai capitoli i nomi delle immagini della loro vita passata, adattandole a quella che è la loro vita attuale.