Sla, qual è il rischio di "ereditarla"?
Dal Blog del prof. Mario Sabatelli di Repubblica
“Gentile Dottore, Sono ormai passati 20 anni da quando mio padre è morto di SLA a 58 anni.
Oggi io ne ho 32 e inizio ad essere angosciata per la piccola ma reale probabilità che possa anch’io imbattermi fra qualche anno in questa malattia tremenda. In tutti questi anni mia mamma mi ha sempre ripetuto che non ci sarebbero stati rischi per me e mio fratello in quanto la malattia spesso compie dei salti generazionali; invece informandomi su diverse riviste scientifiche ho appurato che nel 5-10% dei casi la malattia è di tipo autosomico dominante con il 50% delle probabilità che ogni figlio la erediti.
Che si sappia, genitori, fratelli e parenti di mio padre non hanno mai sviluppato la malattia, ma non possiamo risalire all’intero albero genealogico della famiglia. Ancora più grave, ho letto che mio padre potrebbe essere stato il capostipite di una nuova mutazione genetica, il che accrescerebbe la mia paura di ammalarmi. Può chiarirmi le idee? Grazie”
Gentile Lettrice,
mi sento di rassicurarla: il rischio è veramente basso, la sua angoscia è ingiustificata.
Partiamo da un ragionamento sulle forme sicuramente familiari, nelle quali cioè si ha notizia di almeno un altro caso con la stessa malattia o con una demenza di tipo fronto-temporale. La SLA è familiare nel 5-10% dei casi, ma la trasmissione di tipo autosomico dominante è chiara in circa il 30-40% dei casi familiari. Nella maggior parte dei casi la “familiarità” è determinata da geni cosiddetti a bassa penetranza. Sono cioè geni che da soli non provocano la malattia ma necessitano di altri fattori di rischio, probabilmente altri geni e forse fattori ambientali. Ciò significa che anche nei casi con sicura familiarità spesso il calcolo del rischio di sviluppare la malattia nei parenti non segue le leggi mendeliane. In questi casi è quindi difficile se non impossibile valutare il rischio correttamente, ma comunque rimane molto, molto più basso di quello delle forme autosomiche dominanti, nelle quali vi è nei figli una probabilità del 50% quando un genitore è affetto.
Nel suo caso non c’è notizia di altri casi e quindi rimane una forma sporadica. E’ vero, questo dato non esclude con certezza la familiarità per le due ragioni che lei ha correttamente espresso. Tuttavia tale probabilità è comunque bassa. Ma anche nel caso – poco probabile, ripeto – di una familiarità “non riconosciuta”, si tratterebbe di una forma a bassissima penetranza e di conseguenza con rischio molto basso di ricorrenza.
Infine, i casi di “prime mutazioni” esistono, ma la quasi totalità è costituita da mutazioni di un gene chiamato FUS e la malattia è sempre ad esordio giovanile (sotto i 30 anni) ed evoluzione rapidissima.
In conclusione, la sua situazione va valutata da una prospettiva probabilistica: il rischio di sviluppare la SLA è minimo.