Progetti Innovativi e Collaborazione: Le Novità emerse dal Convegno AriSLA
La Fondazione AriSLA ha annunciato un finanziamento di 840.000 euro per sostenere lo sviluppo di nove progetti di ricerca innovativi sulla sclerosi laterale amiotrofica (SLA), selezionati attraverso il Bando AriSLA 2024.
Questo annuncio è avvenuto durante il Convegno scientifico AriSLA, tenutosi a Milano il 22 e 23 novembre, che ha messo in evidenza i progressi nella ricerca sulla SLA.
È importante sottolineare che questo finanziamento è parte di uno sforzo congiunto dei soci fondatori di AriSLA, tra cui AISLA, Fondazione Vialli e Mauro, Fondazione Cariplo e Fondazione Telethon, che insieme contribuiscono con un milione di euro all’anno per sostenere la ricerca su questa malattia.
I nuovi progetti si concentreranno su aree strategiche, mirando a migliorare la diagnosi precoce, approfondire la comprensione dei meccanismi molecolari della malattia e sviluppare approcci terapeutici. Questi studi coinvolgeranno 15 gruppi di ricerca distribuiti in sette regioni italiane: Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana e, per la prima volta, Umbria.
Il Convegno ha visto la partecipazione di circa 300 ricercatori ed esperti, consolidando la sua importanza come piattaforma di confronto per la comunità scientifica italiana. La Presidente Monaco ha enfatizzato l’importanza della collaborazione tra ricercatori e clinici, nonché tra ricercatori e pazienti, per rendere la ricerca più efficace e accessibile.
I FULL GRANT che saranno finanziati
‘DEFINEALS’ – Il progetto, coordinato da Gianluigi Zanusso dell’Università degli Studi di Verona, ha l’obiettivo di sviluppare un test affidabile per diagnosticare e monitorare la progressione della SLA correlata a TDP-43, una proteina che in condizioni normali svolge un ruolo fondamentale in diverse funzioni cellulari e nei pazienti con SLA risulta aggregata. Saranno raccolti tramite tampone nasale campioni da 60 pazienti con diagnosi di probabile SLA e da 60 soggetti controllo (30 controlli sani e 30 con altre patologie neurologiche). Per la ricerca della proteina TDP-43 sui campioni saranno effettuati studi immunocitochimici e molecolari.
(Partner: Luca Sacchetto, Università degli Studi di Verona; Giuseppe Legname, Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA), Trieste; Raffaella Mariotti, Università degli Studi di Verona; Fabio Moda, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, Milano. Ambito di ricerca di base, valore 180.000 euro e durata 36 mesi).
‘MoonALS’ – Il progetto, coordinato da Giovanni Nardo dell’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano, studierà la fisiopatologia della SLA indagando il ruolo svolto dal muscolo scheletrico nella malattia per identificare possibili biomarcatori. In particolare, nei modelli murini a lenta e rapida progressione e nelle colture cellulari verranno studiate le molecole rilasciate dalle cellule satellite, ossia le cellule staminali del muscolo scheletrico, per verificare se possono contrastare l’atrofia muscolare indotta dalla SLA. Infine, sarà valutato l’effetto del trapianto di cellule satellite sull’atrofia muscolare e sulla progressione della SLA in modelli murini.
(Partner: Francesca Sacco, Università di Roma Tor Vergata; Gianni Sorarù, Università degli Studi di Padova. Ambito di ricerca pre-clinica, valore 240.000 euro e durata 36 mesi).
I PILOT GRANT che saranno finanziati
‘FLYGEN’ – Il progetto, coordinato da Arianna Manini dell’Istituto Auxologico Italiano di Milano, intende identificare nuove cause genetiche di SLA in pazienti con un’alta probabilità di avere mutazioni genetiche, come quelli con forte storia familiare di SLA o esordio estremamente precoce, sinora non diagnosticati dal punto di vista genetico. I ricercatori utilizzeranno una tecnica di sequenziamento altamente accurata e specifica (sequenziamento di frammenti lunghi di DNA, detto “long-read”), in grado identificare variazioni della struttura del genoma che spesso non vengono riconosciute dalle tecnologie più comuni. (Ambito di ricerca di pre-clinica, valore 60.000 euro e durata 12 mesi).
‘GHRHagoALS’ – In questo progetto, coordinato da Riccarda Granata dell’Università degli Studi di Torino, saranno valutati gli effetti protettivi della molecola MR-409, agonista dell’ormone ipotalamico GHRH (Growth Hormone Releasing Hormone) in modelli murini di SLA con mutazione SOD1G93A e in motoneuroni derivati dalle cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs) di pazienti con SLA come possibile terapia per la patologia. In precedenza, è stato dimostrato come la molecola MR-409 e l’ormone GHRH esercitino azioni protettive in modelli di patologie cardiovascolari e neurodegenerative, come l’atrofia muscolare spinale (SMA), oltre all’ictus ischemico. (Ambito di ricerca di pre-clinica, valore 60.000 euro e durata 12 mesi).
‘JASLSDGC’ – Lo studio, coordinato da Antonio Orlacchio dell’Università degli Studi di Perugia, mira a identificare nuovi geni correlati alla SLA giovanile, una forma rara di malattia che si verifica prima dei 25 anni di età, analizzando i campioni di DNA di pazienti con SLA ad esordio giovanile con l’utilizzo di nuove tecnologie molecolari. Il progetto prevede inoltre di sviluppare un modello di zebrafish per studiare le funzioni dei nuovi geni identificati. L’individuazione dei casi di SLA giovanile, sia sporadici che familiari, e della loro componente genetica è fondamentale per una valutazione clinica accurata e tempestiva. (Ambito di ricerca base, valore 60.000 euro e durata 12 mesi).
‘MECH-ALS’ – Il progetto, coordinato da Marco Foiani dell’Istituto di Genetica Molecolare Luigi Luca Cavalli Sforza di Pavia, studierà i meccanismi patologici della SLA nei casi legati alle mutazioni del gene NEK1, che ha un ruolo nel mantenimento dell’integrità dell’involucro nucleare, per comprendere come il suo malfunzionamento influisca sulla salute dei neuroni. L’obiettivo è identificare potenziali bersagli terapeutici e ipotizzare nuovi trattamenti in grado di rallentare o fermare la progressione della SLA. (Ambito di ricerca di base, valore 60.000 euro e durata 12 mesi).
‘Seed-NMR’ – Il progetto, coordinato da Linda Cerofolini dell’Università degli Studi di Firenze, ha l’obiettivo di sviluppare metodi analitici che permettano una diagnosi precoce di SLA e la distinzione da altre patologie neurodegenerative. Saranno studiati gli aggregati della proteina TDP-43, caratteristici sia nella SLA che nella Demenza Frontemporale, nella mucosa olfattiva di pazienti di entrambe le patologie, analizzati con tecniche di risonanza magnetica nucleare (NMR) ad alta risoluzione. I dati ottenuti dalla mucosa olfattiva saranno poi confrontati con quelli derivanti dal fluido cerebrospinale degli stessi pazienti, per valutare se l’analisi della sola mucosa olfattiva possa essere sufficiente per una diagnosi differenziale delle due patologie. (Ambito di ricerca di base, valore 60.000 euro e durata 12 mesi).
‘SpinMNALS’ – Il progetto, coordinato da Carmelo Milioto dell’Università degli Studi di Milano, ha l’obiettivo di distinguere e caratterizzare i sottotipi di motoneuroni più interessati dalla SLA causata dalla mutazione del gene C9orf72 (la causa genetica più comune nella malattia) per sviluppare biomarcatori e terapie mirate. Per comprendere i meccanismi che portano alla vulnerabilità selettiva dei motoneuroni, saranno presi in esame dei nuovi modelli murini di C9orf72, sviluppati dal ricercatore, che riproducono aspetti chiave della patologia. (Ambito di ricerca di base, valore 60.000 euro e durata 12 mesi).
‘StressHuD’ – Il progetto, coordinato da Alessandro Rosa della Sapienza Università di Roma, mira a studiare il ruolo di HuD, proteina che svolge un ruolo cruciale nel sistema nervoso per lo sviluppo e la plasticità cerebrale, e quali forme della proteina vengano prodotte durante lo stress ossidativo presente nei pazienti con SLA. Inoltre, sarà valutato se e come la disfunzione di TDP-43, una proteina alterata nel 97% dei pazienti con SLA, porti ad un aumento di HuD quando i motoneuroni sono esposti allo stress ossidativo. (Ambito di ricerca di base, valore 60.000 euro e durata 12 mesi).
Cosa è emerso dal Convegno
Quest’anno, particolare attenzione è stata riservata ai ricercatori più giovani, con due sessioni dedicate alla presentazione dei loro studi. La prima sessione del convegno si è concentrata sulla genetica della sclerosi laterale amiotrofica (SLA), evidenziando il ruolo cruciale dei fattori genetici nella malattia. Mutazioni in circa 30 geni, principalmente con ereditarietà dominante, sono responsabili di circa il 65% dei casi familiari e del 10% di quelli sporadici.
Lo studio ‘AZYGOS 2.0’, coordinato da Nicola Ticozzi dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano e dell’Università degli Studi di Milano, ha identificato un nuovo gene recessivo che potrebbe essere implicato nella SLA, attivandosi solo quando un individuo eredita mutazioni identiche da entrambi i genitori.
Un altro progetto, ‘SWITCHALS’, guidato da Mauro Cozzolino dell’Istituto di Farmacologia Traslazionale del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha esplorato un potenziale approccio terapeutico in modelli murini che sovraesprimono il gene FUS, associato a forme familiari di SLA. Questo approccio mira a correggere i difetti di splicing della proteina hnRNPA2/B1, un bersaglio molecolare della proteina FUS, la cui errata localizzazione può contribuire alla degenerazione dei motoneuroni.
Infine, il progetto ‘MotorTBK1’, coordinato da Valeria Gerbino della Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, ha analizzato gli effetti della perdita di funzione del gene TBK1 sulla vitalità cellulare e sull’aggregazione proteica. Le mutazioni in questo gene sono responsabili di alcuni casi di SLA familiare, rendendolo fondamentale nei processi di rimozione degli aggregati proteici.
Un altro importante tema emerso durante le presentazioni è stato l’identificazione di nuovi target terapeutici attraverso l’analisi di meccanismi cellulari coinvolti nella sclerosi laterale amiotrofica (SLA).
Il progetto ‘mitoALS’, guidato da Elena Ziviani del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, ha dimostrato che il potenziamento della mitofagia—il processo di degradazione selettiva dei mitocondri, le centrali energetiche delle cellule—può avere effetti protettivi in modelli di SLA.
Lo studio ‘SENALS’, coordinato da Manuela Basso del CIBIO dell’Università di Trento, ha approfondito il ruolo delle cellule gliali, che supportano i neuroni, scoprendo che una comunicazione alterata tra neuroni e glia contribuisce alla morte neuronale.
Il progetto ‘Breath’, diretto da Michela Rigoni del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova, ha esaminato l’efficacia di un trattamento cronico con una molecola che stimola il recettore CXCR4 nei motoneuroni. Questo trattamento potrebbe favorire la rigenerazione della giunzione neuromuscolare, contrastando la neurodegenerazione.
Infine, il progetto ‘SRXinALS’, coordinato da Bert Blaauw del Veneto Institute of Molecular Medicine di Padova, ha indagato il ruolo della miosina, una proteina chiave per la generazione della forza muscolare, nell’aumento del metabolismo osservato nei pazienti e nella sua correlazione con la progressione della malattia.
Durante la sessione dedicata agli approcci terapeutici preclinici, Marta Fumagalli del Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università degli Studi di Milano ha presentato il progetto ‘GPR17ALS-1’, che esplora l’effetto protettivo di alcune molecole sulle cellule precursori degli oligodendrociti, responsabili della formazione della guaina mielinica che riveste i prolungamenti neuronali.
Il progetto ‘TRAILER’, coordinato da Luca Muzio dell’Unità di Neuroimmunologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, ha analizzato composti in grado di agire sul complesso multiproteico del retromero, che regola il turnover di enzimi e proteine nei motoneuroni. I risultati hanno mostrato che alcuni di questi composti possono contrastare l’aggregazione proteica e la tossicità delle forme mutanti di TDP43.
Fabrizio d’Adda di Fagagna dell’IFOM – Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare ETS di Milano ha presentato il progetto ‘DDR&ALS’, che ha testato nuovi approcci farmacologici per modulare la risposta al danno del DNA (DDR), utilizzando farmaci già approvati per altre malattie.
Infine, Savina Apolloni del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata ha illustrato il progetto ‘ReNicALS’, in cui è stata valutata l’efficacia del farmaco niclosamide nel rallentare la progressione della SLA in modelli murini con mutazioni nei geni FUS e SOD1.
Due momenti di confronto hanno affrontato tematiche cruciali per la sclerosi laterale amiotrofica (SLA).
La prima tavola rotonda si è concentrata sulle sfide nel passaggio dalla ricerca traslazionale agli studi clinici, con la partecipazione di Valentina Bonetto, coordinatrice del Centro di ricerca per la SLA dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano, Giuseppe Lauria e Annamaria Merico, responsabile dell’area Business Development di Fondazione Telethon.
La seconda tavola rotonda ha discusso lo sviluppo di percorsi che uniscano ricercatori e pazienti per promuovere nuove strategie a supporto della ricerca sulla SLA. Hanno partecipato Anna Ambrosini, Responsabile scientifico di Fondazione AriSLA, Stefania Bastianello, Responsabile formazione e centro ascolto di AISLA Aps, e Martina de Majo, Direttore scientifico dell’International Alliance of ALS/MND Associations.
PREMIO POSTER E GIOVANI RICERCATORI – AriSLA, che da sempre valorizza i giovani ricercatori che si occupano di SLA, ha previsto due sessioni dedicate all’esposizione dei loro lavori: 49 i poster presentati. Al termine di questa giornata è stato consegnato a tre giovani ricercatori il Premio Poster ‘Giovani per la Ricerca’, alla presenza di Alessandro Marocchi dell’Associazione ‘Io Corro con Giovanni’, che ha supportato il premio ed è da molti anni al fianco di AriSLA nel supportare la ricerca. I giovani premiati sono; Olga Carletta, Beatrice Borhy e Tawanda Chipurura.
A chiudere gli interventi è stata la Presidente di AriSLA, Lucia Monaco, che ha delineato il panorama internazionale sulle malattie rare. Ha sottolineato come le oltre seimila malattie rare nel mondo condividano difficoltà nella diagnosi, scarsità di terapie efficaci e ostacoli all’accesso alle cure. Monaco ha evidenziato che affrontare questi problemi a livello internazionale permette di condividere conoscenze ed esperienze, aumentando l’efficacia degli interventi a livello nazionale e regionale.