Passi in avanti nello studio delle cause di malattie neurodegenerative come SLA e Alzheimer

Il gruppo di ricerca guidato dalla Prof.ssa Serena Carra dell’Università degli  studi di Modena e Reggio Emilia ha da poco pubblicato su due prestigiose riviste scientifiche, ‘EMBO  Reports’ e ‘Cell Stress & Chaperones’, i risultati di uno studio che ha identificato due meccanismi che  possono contribuire allo sviluppo di malattie neurodegenerative molto complesse come la Sclerosi  Laterale Amiotrofica, l’Alzheimer, la demenza frontotemporale o alcune forme di miopatie. 

In particolare, sono state identificate alcune proteine coinvolte nella risposta delle cellule a condizioni  di stress, quali agenti ossidanti, aumento della temperatura, infezioni virali o esposizione a metalli pesanti.  Quando sono esposte ad un fattore di stress le cellule, infatti, riorganizzano rapidamente le loro funzioni  al fine di rispondere e adattarsi al cambiamento. Questa riorganizzazione include la rapida produzione di  nuove proteine ed acidi nucleici (i mattoni del DNA e dell’RNA) che vengono assemblati in strutture  subcellulari non delimitate da membrana dette organelli senza membrana, come ad esempio i granuli da  stress ed i nucleoli. Alterazioni della composizione, funzionalità e struttura di questi piccoli organelli  intracellulari possono portare nel tempo alla formazione di aggregati che contribuiscono alla morte della  cellula stessa. 

Supportato da Fondazione AriSLA, Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale e Banca  D’Italia, il gruppo di ricerca della Prof.ssa Serena Carra, composto da giovani ricercatori under 35, ha  individuato due meccanismi indispensabili affinché la cellula risponda in modo corretto in condizioni di  stress. Il primo meccanismo coinvolge due proteine, HSP90 e DYRK3, necessarie per garantire che i granuli  da stress vengano smantellati correttamente nel periodo di recupero dopo lo stress per permettere alle  cellule di riprendere la loro normale attività. In pazienti affetti da SLA i livelli di espressione di DYRK3 sono  risultati molto ridotti. Il secondo meccanismo individua un’ulteriore proteina, la listerina1, ed il sistema  che controlla la corretta funzionalità dei ribosomi (molecole deputate alla sintesi delle proteine) come  responsabili della maggiore vulnerabilità dei nucleoli alle condizioni di stress esterne. 

Siamo soddisfatti – commenta la Prof.ssa Carra – di aver aggiunto conoscenza in un campo in cui in realtà  sappiamo ancora molto poco, ovvero come mutazioni genetiche e fattori ambientali portano alla morte  cellulare ed allo sviluppo delle patologie neurodegenerative. Dagli ultimi risultati raggiunti, frutto di anni  di lavoro costante e dedizione, deriveranno futuri esperimenti volti a dimostrare se l’uso di composti  chimici che agiscono sui bersagli molecolari individuati possano effettivamente migliorare la resistenza  cellulare. Queste risposte contribuiranno a porre le basi per il disegno di trattamenti terapeutici basati  sull’uso di ‘cocktail’ di composti. Sono convinta che soltanto l’integrazione della ricerca di base con la  ricerca traslazionale, il drug design e la collaborazione con medici e pazienti ci permetterà di compiere nuovi passi in avanti. Per questo ringrazio tutti i soggetti che ci hanno sostenuto e hanno contribuito al  raggiungimento di questo traguardo”. 

Il Rettore dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, Prof. Carlo Adolfo Porro, sottolinea: Ricerche di questa portata non sarebbero state possibili senza l’utilizzo di microscopia confocale  avanzata, usufruendo di strumentazioni di punta e del supporto tecnico specializzato disponibili presso il  CIGS – Centro Interdipartimentale Grandi Strumenti, di cui dispone Unimore. L’acquisto di tali  strumentazioni è stato possibile grazie al cofinanziamento dell’Ateneo, della Fondazione di Modena e, in  particolare, del progetto Dipartimenti di Eccellenza 2018-2022, attribuito al Dipartimento di Scienze  Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze di Unimore”.  

Fondazione AriSLA, tra gli enti finanziatori del progetto di ricerca, esprime soddisfazione per questi ultimi  progressi scientifici. “Siamo lieti di aver contribuito a questo importante studio afferma il Presidente  Mario Melazzini che testimonia l’importanza di sostenere la migliore ricerca italiana: il nostro impegno  è continuare a darle fiducia, consapevoli che da essa derivino risposte concrete per sconfiggere la  malattia”. 

Il responsabile scientifico di AriSLA, Anna Ambrosini, aggiunge: “Da sempre crediamo che investire in  ricerca di base sia fondamentale perché ci permette di andare alla radice della malattia e comprenderne  la patogenesi. Grazie ad ogni nuovo tassello scoperto potremo arrivare a completare il complesso puzzle  della SLA”.  

I risultati raggiunti dal team di ricerca italiano sono frutto di una collaborazione internazionale che ha  coinvolto il Prof. Simon Alberti e Jared Sterneckert dell’Università di Dresda (Germania) ed il prof. Onn  Brandman dell’Università Stanford (USA).  

Riferimenti articoli 

Pubblicazione su ‘EMBO Reports’ 

Pubblicazione su ‘Cell Stress & Chaperones’ 

Contatti ufficio stampa 

Fondazione AriSLA – Tiziana Zaffino, mob. 3472895206 – tiziana.zaffino@arisla.org Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – ufficiostampa@unimore.it


In alto: Laura Mediani (assegnista di ricerca; sx); Serena Carra (group leader; dx)
In basso: Francesco Antoniani (assegnista di ricerca; sx); Jonathan Vinet (tecnico microscopista CIGS; dx)

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