Marche. Il sostegno alla domiciliarità e le persone con disabilità gravissima del fondo nazionale non autosufficienze. Beneficiari, effetti, entità e tipologia del sostegno
Fonte: Gruppo Grusol.it
Di Fabio Ragaini, Gruppo Solidarietà
Le riflessioni che seguono intendono approfondire alcuni aspetti collegati agli interventi che schematicamente possiamo definire di “sostegno alla domiciliarità” e che si concretizzano in un contributo economico alla persona o alla famiglia. Inoltre, a partire dallo specifico della situazione marchigiana – ma alcuni aspetti è probabile che abbiano una valenza più generale – vogliamo tentare di capire quali siano gli effetti del fondo nazionale non autosufficienze per quanto riguarda le “disabilità gravissime” (interventi per i quali deve essere utilizzata una quota del Fondo non inferiore al 50%). Alcune riflessioni le abbiamo già proposte nella nota, Sostegno alla domiciliarità e “disabilità gravissima”, inviata nei mesi scorsi alla regione Marche, cui rimandiamo. Una sintesi degli interventi regionali (al novembre 2018) a sostegno della domiciliarità si può desumere anche dai materiali di un recente corso di formazione. Cerchiamo di mettere in evidenza alcuni aspetti, pur consapevoli della loro parzialità.
- Con riferimento alla disabilità gravissima (DG), una prima questione sostanziale è se effettivamente, a distanza di 3 anni dalla definizione dei criteri (DM 26.9.2016 ) attraverso l’utilizzo delle scale di valutazione, l’esito sia stato quello auspicato. Se in sostanza, i beneficiari di questo intervento siano davvero persone in una situazione di disabilità “gravissima”, intendendo con ciò una condizione particolare di complessità, per la quale è indispensabile un’assistenza continuativa nelle 24h. Ricordiamo che nel 2013, all’interno del Fondo, è stata introdotta la quota vincolata per le “disabilità gravissime” insieme alla definizione della condizione: persone in condizione di dipendenza vitale che necessitano a domicilio di assistenza continuativa e monitoraggio nelle 24h. Quindi occorre chiederci, valutando gli esiti, se le scale di valutazione adottate si stiano rivelando uno strumento adeguato ai fini della definizione del bisogno e quindi all’accesso a sostegni adeguati (in questo caso al contributo economico).
- Una seconda questione riguarda l’entità del sostegno. Va ricordato che il Fondo nazionale è un fondo sociale (copre quindi i costi di rilevanza sociale dell’assistenza sociosanitaria). Tale sostegno, nelle varie declinazioni regionali, si sostanzia in un contributo economico variamente denominato; in genere, assegno di cura o assistenza indiretta. Nelle Marche (fondo nazionale 2016) si è tradotto in un “sostegno” da 150 a 300 euro mese (sostanzialmente finanziato solo dal solo fondo nazionale) per circa 2000 persone2. Ma realisticamente può una cifra simile sostenere un’ assistenza vitale 24h su 24h? Si aprono dunque almeno altre tre questioni: 1) la relazione tra sostegno economico e fruizione di altri interventi e servizi; 2) la situazione economica del beneficiario; 3) la condizione di presta assistenza: lavoro di cura familiare o attraverso assistente familiare. Questioni non scindibili dall’entità del sostegno. E’ chiaro che con 200/300 euro mese non puoi assumere alcun assistente personale, e puoi considerare quella cifra alla stregua di un semplice “contributo” per chi si prende cura dell’assistenza della persona. In sostanza, una misura che si configura come una quota aggiuntiva alla indennità di accompagnamento.
- Un terzo punto riguarda la “possibilità di scelta del beneficiario”. Se vivo nelle Marche e ho la Sclerosi laterale amiotrofica (SLA), vedi pag. 8, posso avere un sostegno che oscilla tra gli 850 e 1050 euro mese (ed è peraltro sufficiente avere diagnosi e riconoscimento l. 104, senza “l’esame” delle scale di valutazione) ed ovviamente mi orienterò verso questa “offerta”, rispetto a quella rivolta alla condizione di disabilità gravissima. Così come potrei tentare con “la vita indipendente” che ha visto un consistente aumento dei fondi (tutti regionali) e che dal 2019 prevede un sostegno economico, che, in caso di necessità assistenziale “molto alta”, è pari a 13.000 euro all’anno (le classi di sostegno sono 4: il contributo economico va da 7.000 a 13.000 euro/anno). La vita indipendente è altra cosa dall’assistenza indiretta e richiede l’assunzione dell’assistente personale, ma tra 3500 euro e 13.000 euro c’è una differenza sostanziale! In entrambe le situazioni citate siamo in presenza della definizione certa dell’ entità del sostegno (garantita per tutti i malati di SLA, con graduatoria per vita indipendente). Per la DG invece l’entità del sostegno è data dalla relazione tra quota disponibile e numero dei beneficiari. Ritengo che per il 2018 e anche per il 2019 (che prevede un buon aumento del Fondo nazionale) non si avranno grossi scostamenti nell’entità della quota. All’aumento del Fondo è ipotizzabile un contestuale aumento dei beneficiari (per il semplice motivo che l’informazione di anno in anno raggiunge un numero maggiore di potenziali beneficiari e che per il primo anno – annualità 2016 – i tempi di presentazione delle domande sono stati abbastanza ristretti). Un percorso equo richiederebbe che anche le persone in condizione di DG ricevessero un sostegno definito ed adeguato. Ciò richiederebbe o un fortissimo aumento del fondo nazionale e/o la costituzione di un imponente fondo regionale.
- Considerato che la quasi totalità del fondo nazionale viene utilizzato come “assistenza indiretta”, si pone per le persone con disabilità intellettiva (vi ricomprendiamo anche la condizione di autismo) la relazione con la fruizione dei servizi. Nella prima annualità della applicazione delle scale ai fini della definizione di DG, si può stimare che nelle Marche la quota di questa tipologia di beneficiari raggiunga il 40% del numero complessivo. Soggetti per i quali è essenziale la fruizione di adeguati e competenti servizi extrascolastici (domiciliari e diurni).
- Per quanto riguarda le Marche (per un approfondimento vedi qui), se il Fondo nazionale non subisce una forte incremento, per erogare un sostegno significativo non sembrano esserci alternative alla creazione di un adeguato fondo regionale aggiuntivo, che potrebbe peraltro orientarsi verso una selettività delle condizioni dei beneficiari della disabilità gravissima (con riferimento, ad esempio, ad alcune delle condizioni previste all’art. 3, del decreto di riparto 2016). Stante l’irrisorio contributo attuale, al fine di aumentarne l’entità, non è peraltro da escludere che la Regione introduca una selettività su base reddituale ora assente.
Con riferimento invece alla situazione nazionale, se da un lato appare indispensabile che, oltre all’analisi dei criteri di utilizzo del Fondo (qui sintesi della FISH su riunione “tavolo non autosufficienza”), le Regioni forniscano dati su numero e tipologia di beneficiari, al fine di avere un quadro adeguato rispetto agli effetti del Fondo, dall’altra c’è da chiedersi, dato che la quasi totalità del Fondo (non solo la parte destinata alla DG) si sostanzia con interventi di assistenza indiretta, se esso non stia rischiando di diventare una sorta di “fondo aggiuntivo” all’ indennità di accompagnamento, variamente regolato e declinato dalle Regioni. Se così fosse, andrebbe aperta una riflessione sugli obiettivi e gli effetti del Fondo. In ogni caso, ciò che appare imprescindibile è che effettivamente la quota riservata alla DG raggiunga le persone con necessità di assistenza vitale con un sostegno adeguato alla situazione e che identiche condizioni ricevano identico sostegno. Se la sfida rimane quella di evitare di fare parti uguali tra disuguali, alla pari indispensabile è la capacità regionale di inserire questi sostegni all’interno di un’adeguata programmazione regionale.