Documento di consenso sulle scelte terapeutiche del paziente affetto da SLA
Indice
Prefazione a cura di Massimo Mauro
Gruppo di lavoro
Introduzione a cura della Dr.ssa Daniela Cattaneo
La malattia
La comunicazione
Le scelte
Le decisioni in emergenza
Bibliografia
Prefazione a cura di Massimo Mauro
Una delle sfide più impegnative che Aisla è chiamata ad affrontare ogni giorno è, certamente, il costante confronto con una malattia rara al momento considerata inguaribile e dalle cause ignote. La nostra missione è quella di supportare le persone con Sla e i loro familiari con l’obiettivo di ottenere la miglior qualità di vita possibile, promuovendone la tutela, l’assistenza e la cura.
Se gli interrogativi in merito ad una terapia efficace per la Sla sono, purtroppo, rimasti ancora insoluti a quasi 150 anni dalla sua prima definizione, avvenuta nel 1869 da parte del neurologo francese Jean-Martin Charcot, per contro è innegabile che – anche solo rispetto ad un ventennio fa – i tempi e la società siano oggettivamente cambiati.
Oggi le informazioni “girano” in maggior quantità e molto più velocemente. Le nuove tecnologie ci consentono di accedere, in modo praticamente istantaneo, ad ogni sorta di contenuto e di interagire con persone ubicate in tutto il mondo. Anche questo ha certamente contribuito ad alimentare una maggiore consapevolezza nei confronti della malattia e delle problematiche ad essa connesse. La nostra comunità non accetta più di essere mera spettatrice di una patologia che sembra insensibile a qualunque sforzo e che, giorno dopo giorno, ti toglie un pezzo di vita.
Dobbiamo anche tener conto che l’offerta terapeutica attualmente disponibile per patologie così gravemente e rapidamente disabilitanti è praticamente nulla. La conoscenza dei fattori scatenanti, nonché predisponenti, non ha ancora permesso, sfortunatamente, di chiarire in maniera precisa perché ad un certo punto una persona apparentemente sana inizi a soffrire di una patologia che in modo bieco e disumano la condannerà ad un percorso al momento inesorabile.
Ed è proprio in questa complessità che risiede la nostra sfida quotidiana ed il motivo per cui sentiamo fermo il dovere di non eludere questioni, certamente complesse e spinose, ma indiscutibilmente legate alla qualità di vita e alla dignità di ogni persona che, suo malgrado, si trova costretta a convivere con la Sla.
La nostra priorità assoluta è che ognuna delle circa 6.000 persone della nostra comunità italiana si senta pienamente rappresentata da Aisla e dal suo operato. Siamo consci che è per nulla facile approcciare e formalizzare con l’adeguata attenzione tematiche di tale portata, ma vogliamo compiere uno sforzo per andare al di là e porci al di sopra di qualsiasi tipo di possibile strumentalizzazione o critica.
Una premessa fondamentale: Aisla si è finora sempre espressa senza equivoci di sorta contro l’eutanasia e continuerà a farlo, nella convinzione che in un Paese che voglia ritenersi civile il diritto alla vita di ciascun cittadino debba rimanere inalienabile in qualsiasi condizione fisica egli venga a trovarsi, insieme con la possibilità di essere sostenuto e preso in carico con il suo nucleo familiare. La questione di fondo riguarda, piuttosto, la libertà delle scelte della persona malata rispetto al fatto di accettare o meno ai trattamenti che la scienza oggi – con tutti i suoi oggettivi limiti – riesce a mettere a disposizione.
Tutta la popolazione colpita da Sla è estremamente fragile, ancor più se in fase avanzata e presenta bisogni assistenziali indubbiamente complessi. Sin dal momento della diagnosi, ci troviamo di fronte ad un percorso drammatico. Le prime reazioni sono di disorientamento, paura, disperazione. Durante l’evoluzione della malattia abbiamo bisogno di essere seguiti da una equipe sanitaria multidisciplinare che ci accompagni e ci guidi nella perdita graduale delle funzioni. Abbiamo bisogno di una assistenza personale sempre crescente per tutte le azioni della vita quotidiana, fino ad arrivare al bisogno di un’ assistenza di 24 ore al giorno. Per tali ragioni, dunque, è necessaria una presa in carico globale, nell’immediato e per tutto il decorso della malattia.
Partendo dalla considerazione che la SLA, sebbene inguaribile, possa essere curabile, in una logica di “To care, not to cure”, Aisla ritiene pertanto che la priorità assoluta sia quella di colmare la grossa lacuna assistenziale, con l’istituzione di un network assistenziale specifico volto a migliorare, quanto più possibile, la qualità della vita.
Il dilemma della qualità di vita nella Sla comincia dalla sua definizione. Aisla ha scelto di seguire quella fornita dal prof. Ciaran O’Boyle di Dublino che ha detto: “La qualità della vita è qualsiasi cosa il paziente definisce come tale”.
Secondo alcuni studi, il dominio della qualità della vita menzionato più di frequente dai pazienti è stato “la famiglia” (100%), gli aspetti relativi alla salute, invece, sono stati percepiti come rilevanti in circa la metà dei casi. Analogamente, recenti studi hanno indicato che la qualità della vita nella Sla dipende da fattori diversi dalla forza e da funzioni fisiche con un particolare rilievo per le questioni esistenziali e spirituali.
Anche dal mondo scientifico arrivano quindi conferme del fatto che la dignità del malato stia innanzitutto nell’occhio del curante, per citare una felice espressione utilizzata dal dottor Marco Maltoni nel suo libro “La morte dell’eutanasia” scritto insieme al neonatologo Carlo Belliéni. Assume dunque un peso specifico fondamentale l’approccio che proprio i curanti hanno nei confronti dei pazienti. Per i pazienti, infatti, c’è una sostanziale differenza tra l’essere identificati con la patologia e il vedere, invece, emergere pienamente il proprio “essere”, la propria umanità, il tesoro di sentimenti, emozioni, pensieri, interessi, il ruolo che ognuno di noi ha nella propria vita familiare, professionale e sociale.
Per tutti questi motivi abbiamo voluto iniziare a percorrere una strada, certamente non semplice, partendo proprio dagli stessi medici: sono loro che si prendono cura del paziente e della sua famiglia durante tutto il percorso di malattia. E’ una presa di coscienza decisiva che non può che partire dagli esperti della Commissione Medico Scientifica che Aisla ha istituito nel 2011 con il principale obiettivo di garantire una corretta informazione sulla Sla, sulle problematiche ad essa connesse e sulle possibilità di cura ed assistenza esistenti, oltre che per promuovere l’aggiornamento in ambito del miglioramento degli stessi aspetti assistenziali.
Pertanto, al termine di un percorso che ha coinvolto i medici della Commissione – con le loro varie professionalità e sensibilità – in un confronto tanto impegnativo quanto stimolante, siamo orgogliosi di poter presentare il primo “Documento di Consenso” di Aisla. I suoi contenuti sono stati oggetto di discussione in seno alla comunità delle persone con Sla e dei loro familiari. Sono persone con una incredibile voglia di vivere e che tentano con forza di opporsi alla potenza devastante di questa malattia perché, se è vero che la vita è bene prezioso per tutti noi “sani”, lo è ancor di più per le persone che si trovano ad affrontare terribili malattie come la Sla.
Tutte le persone con Sla che ho conosciuto non chiedono di morire ma chiedono con forza di scegliere come vivere.
Massimo Mauro
Presidente Nazionale Aisla Onlus
Gruppo di lavoro
Commissione Medico-Scientifica AISLA
Mario Sabatelli, Adriano Chiò, Claudia Caponnetto, Christian Lunetta, Jessica Mandrioli, Maria Rosaria Monsurrò, Paolo Volanti, Letizia Mazzini, Nicola Ticozzi, Gabriele Mora, Ettore Beghi, Giuseppe Borghero, Michele Vitacca, Nadia Cellotto, Gabriella Restagno, Francesca Luisa Conforti, Caterina Bendotti, Maria Teresa Carrì, Mario Melazzini
Consulenti
Prof. Penasa – assegnista di ricerca in Diritto costituzionale comparato presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche, componente del gruppo BioDiritto, Università di Trento.
Dr. Olivieri – Rianimatore presso l’Azienda Ospedaliera “Maggiore della Carità” di Novara nel servizio di Anestesia e Rianimazione
Prof. Barbisan – bioeticista, docente di bioetica all”Università di Padova e presidente del Comitato regionale di bioetica della Regione Veneto
Prof. Spagnolo – professore Ordinario di Medicina legale e delle assicurazioni -Direttore dell’Istituto di Bioetica, della Facoltà di Medicina e chirurgia “A. Gemelli” dell’Università Cattolica del S. Cuore, sede di Roma
Coordinamento
Dr.ssa Daniela Cattaneo, Medico Palliativista Centro di Ascolto Aisla Onlus
Introduzione a cura della Dr.ssa Daniela Cattaneo
Questo documento nasce dalla volontà e dalla passione di coloro che quotidianamente si avvicinano alla Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), e che si prendono cura e assistono la persona affetta da SLA.
Il testo è il risultato di una ampia valutazione degli aspetti che riguardano le decisioni della persona affetta da SLA, allo scopo di consentire a tutti coloro che lo leggeranno di conoscere e quindi poter agire autonomamente.
Dr.ssa Daniela Cattaneo
La malattia
La SLA è una malattia neurodegenerativa, caratterizzata dalla progressiva paralisi e atrofia dei muscoli volontari e talora dalla spasticità, secondaria alla progressiva perdita del primo motoneurone (corticale) e del secondo motoneurone (bulbare e spinale).
La SLA comporta una progressiva perdita delle capacità di movimento, di deglutizione, della parola e della respirazione. L’evoluzione della malattia può essere associata al deficit cognitivo, e/o alla alterazione del comportamento.
Ogni anno, in Italia la malattia colpisce circa 1500 persone di tutte le età. La fascia d’età in cui maggiormente si manifesta è quella tra i 60-70 anni con una lieve maggiore frequenza nel sesso maschile.
La durata della malattia è estremamente variabile ma più frequentemente è compresa tra i 2 e i 5 anni.
Al momento, purtroppo, non esistono, terapie in grado di guarire la malattia, mentre, è disponibile un farmaco per rallentarne la progressione, il riluzolo. Questo farmaco ritarda la progressione di alcuni mesi, ed è generalmente ben tollerato.
Sono anche disponibili farmaci e procedure per il trattamento dei sintomi in grado di aiutare a vivere meglio con la malattia, quali: l’utilizzo di ausili, la fisioterapia e la logopedia, le modificazioni della dieta e la nutrizione enterale (PEG – gastrostomia endoscopica percutanea – o RIG – gastrostomia percutanea radiologica -), la ventilazione non invasiva (NIV frequentemente tramite maschera) o invasiva (tramite tracheostomia), la comunicazione aumentativa alternativa (tramite ausili per la comunicazione a bassa, media o alta tecnologia come il sistema “a puntamento oculare”).
Con il progredire dei deficit muscolari si assiste, in un tempo variabile, alla progressiva e completa perdita dell’autonomia, con profonde modificazioni nelle attività della vita quotidiana, sino in alcuni casi allo stato di locked-in syndrome – incapacità di muovere tutti i muscoli volontari – e alla paralisi dei muscoli respiratori che comporta la morte della persona malata. Quest’ultima si può verificare anche per altre complicanze quali quelle internistiche.
La comunicazione
La persona affetta da SLA deve poter conoscere sia la sua malattia che la sua evoluzione per poter effettuare scelte consapevoli e autonome sugli interventi sanitari. La comunicazione relativa alla malattia è quindi un aspetto fondamentale nella relazione che si deve realizzare tra il medico, la persona affetta da SLA e la sua famiglia, sin dal momento della diagnosi.
Ogni persona affetta da SLA deve infatti poter contare su una comunicazione veritiera, completa, tracciabile e personalizzata.
Questo significa definire una esauriente informazione sulle caratteristiche della malattia, sui trattamenti, sulle sue diverse manifestazioni in un percorso personalizzato nel rispetto del quadro psico-emotivo della persona affetta da SLA, del contesto socio-culturale e spirituale, come del quadro familiare e delle sue relazioni.
La comunicazione sanitaria non si realizza in un unico momento ma in un processo che si svolge e si sviluppa ad ogni incontro tra la persona malata e il personale sanitario che ne ha in carico la cura e l’assistenza, ciò che si definisce presa in carico. Ed è in questo percorso comunicativo che si deve tenere in considerazione il diritto del malato a governarne il flusso delle informazioni che lo riguardano.
Questo processo comporta l’identificazione di un tempo per la conoscenza, uno per l’elaborazione dell’informazione acquisita e infine di un altro per la scelta dei trattamenti proposti.
Ecco perché l’informazione corretta, nel contesto di una continuità di relazione medico-paziente, permette di discutere, condividere e attuare scelte terapeutiche appropriate dalla diagnosi fino alla fase terminale della malattia, verificando costantemente la comprensione del malato in merito alle informazioni che ha ricevuto.
Del resto il prendere decisioni è un processo dinamico, che può essere soggetto a cambiamenti non solo conseguenti all’aggravarsi di una malattia, e l’equipe curante deve essere pronta ad accogliere le variazioni che si manifestano.
Per favorire le condizioni necessarie affinché la persona affetta da SLA possa decidere è auspicabile sviluppare una collaborazione tra diverse discipline sanitarie, attuando quell’approccio multidisciplinare che consente di ottenere un trattamento e una comunicazione più efficace, un’ottimizzazione delle risorse da coinvolgere e un flusso ininterrotto di informazioni fra i diversi sanitari coinvolti nella cura.
Le scelte
Negli ultimi decenni gli avanzamenti nel campo della medicina, conseguenti al notevole progresso scientifico e tecnologico, hanno consentito di intervenire sugli effetti delle malattie e sulla sopravvivenza.
Parallelamente, l’affermazione del principio di autonomia da parte delle persone malate ha portato alla consapevolezza del diritto del malato a essere informato e attivo nelle decisioni terapeutiche che lo riguardano.
In quest’ottica la relazione medico-paziente fonda la libertà di scelta e permette l’individuazione e il riconoscimento delle rispettive autonomie e responsabilità.
Per alcune scelte, infatti, quali ad esempio la PEG o la ventilazione meccanica, la decisione coinvolge sia aspetti scientifici che la valutazione di quale sia la qualità della vita che il malato ritiene da lui sostenibile.
Solo la persona malata, di fatto, può valutare se gli interventi sanitari che vengono proposti sono proporzionati alla propria condizione e quindi non lesivi della propria dignità e della propria concezione di qualità della vita.
Diventa quindi rilevante da un lato il dovere del sanitario di informare il malato e di ottenere il suo consenso o dissenso alle procedure, e dall’altro il diritto del malato di decidere a quale trattamento sanitario sottoporsi o non sottoporsi.
Ma se la competenza sanitaria nella cura e nell’assistenza della persona malata così come la disponibilità dei mezzi sono i presupposti perché il malato possa esercitare la sua volontà, tutti i mezzi (gli ausili, la PEG, la NIV, la tracheostomia, i trattamenti palliativi di fine vita) devono essere prospettati e resi disponibili.
La persona malata può però ad un certo momento della sua storia considerare che i mezzi dapprima accettati possano non essere più adeguati alla sua condizione.
Se l’adeguatezza di quei mezzi per il malato è cambiata, e ciò che prima era sostenibile ora non lo è più, la persona malata deve poter avere il tempo per ridiscutere, riflettere e ritrovare su un piano diverso una decisione che possa anche includere la decisione di rinunciare a quei mezzi prima ritenuti adeguati per lui.
Il mutamento della decisione da parte della persona malata può consentire il coinvolgimento nell’équipe curante anche di bioeticisti e/o di altri professionisti preposti a verificare la volontà del malato mettendo in atto tutte le strategie volte al rispetto della mutata volontà.
Dal punto di vista etico non ha una valenza diversa rifiutare una procedura (ausili, nutrizione enterale, ventilazione meccanica) o rinunciarvi dopo averla accettata nel momento in cui non è considerata più adeguata, in quanto i mezzi scelti non sono il fine per cui sono stati scelti e non sono in grado di per sé di funzionare.
Il sanitario deve essere consapevole che la sua eventuale decisione di non intervenire (nel posizionare un mezzo proporzionato o nel sospenderlo se non più adeguato) o l’omissione parziale o totale di informazione da parte dell’equipe curante riguardo ai mezzi disponibili (circa la possibilità di posizionarli o di sospenderli se non più adeguati) contraddice e impedisce l’espressione della beneficità- non maleficienza da parte dei sanitari e il rispetto dell’autonomia decisionale del malato, che deve essere salvaguardata dall’inizio del percorso comunicativo sino al momento della decisione.
L’équipe di cura deve evitare sia l’abbandono terapeutico sia i trattamenti in assenza del consenso della persona malata.
Poiché la SLA può evolvere e impedire al malato di esprimere la propria volontà per la perdita assoluta dei movimenti volontari e/o per il deterioramento cognitivo, la persona malata deve poter esprimere le proprie volontà in una fase precedente anche attraverso la sottoscrizione di specifiche dichiarazioni anticipate di trattamento. Tale pianificazione anticipata dei trattamenti dovrebbe essere espressa in un documento condiviso con l’equipe curante o con la nomina di un rappresentante (amministratore di sostegno).
L’equipe curante deve quindi discutere i mutamenti del quadro clinico e delle diverse tematiche conseguenti con il malato ed eventualmente con le persone da lui indicate, in un arco di tempo sufficiente per consentire una scelta nel pieno delle risorse psico-emotive e fisiche disponibili, e con la consapevolezza che la stessa potrà essere modificata in qualunque momento.
Una dichiarazione anticipata di dissenso all’uso di manovre invasive da parte della persona affetta da SLA o un documento condiviso che pianifichi il non ricorso a manovre invasive permette un precoce affiancamento della persona a équipe dedicate alle cure palliative che in sinergia con l’équipe curante potranno accompagnarla fino alle ultime fasi della vita nel pieno rispetto delle sue volontà.
Le decisioni in emergenza
In condizioni di emergenza il medico assicura l’assistenza indispensabile nel rispetto delle volontà, se espresse, o tenendo conto delle dichiarazioni anticipate di volontà ai trattamenti sanitari, se manifestate, o di un documento condiviso reso disponibile nella documentazione clinica.
Alcuni Comuni italiani hanno uno sportello dedicato a tale scopo.
In una condizione di emergenza, se si è in presenza di informazioni dirette o indirette (familiari, medici di riferimento, documento scritto) relative alle volontà della persona sulle procedure da eseguire, si agisce coerentemente a queste. Se la persona ha espresso chiaramente e documentatamente la volontà di rifiutare interventi di ventilazione meccanica l’équipe curante ha il dovere di trattare la sofferenza derivante dalla insufficienza respiratoria mediante farmaci proporzionati al sintomo, che possono comportare anche l’abolizione dello stato di coscienza.
Se non sono disponibili queste informazioni, si agisce in eccesso, procedendo per esempio in caso di un coma carbonarcotico all’intubazione orotracheale per consentire la stabilizzazione clinica e porre il malato in condizioni di esprimere le proprie volontà; quindi si metteranno in atto le procedure in base alla volontà espressa dal malato.
Se la persona malata dichiarasse di rifiutare la ventilazione meccanica invasiva mediante tracheostomia dopo la stabilizzazione ottenuta con l’intubazione orotracheale, dovrà essere estubata e assistita con la ventilazione non invasiva se da lui ritenuta adeguata. Se quest’ultima si rivelasse insufficiente o intollerabile da parte della persona malata, verranno messi in atto tutti gli interventi affinché la morte avvenga senza sofferenza.
I familiari possono essere in notevole difficoltà per ragioni emotive nella valutazione delle reali capacità decisionali della persona malata, pur tuttavia si dovrebbe facilitare il loro coinvolgimento nella pianificazione dei trattamenti. Se ciò non fosse possibile, può essere di aiuto individuare un rappresentante legale – anche non un familiare – autorizzato dal tribunale, con cui costruire la pianificazione dei trattamenti.
Bibliografia
AISLA Olus
EFNS Guidelines, 2011
Codice di Deontologia Medica
Codice deontologico dell’Infermiere
Codice deontologico degli psicologi italiani
Comitato Nazionale Per La Bioetica – Dichiarazioni Anticipate Di Trattamento
The National Council for Palliative Care – Advanced Care Planning
Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, New York il 13 dicembre 2006, ratificata dall’Italia per effetto degli art. 1 e 2 della legge 3 marzo 2009, n. 18
Dichiarazione Iura et Bona – 5 maggio 1980 – documenti dottrinali
Cortile dei Gentili: Dignità del vivere e dignità nel morire –23 maggio 2014 – G. M. Flick
World Palliative Care Alliance; WHO – Global atlas of palliative care at the end of life
Progetto Biodiritto
Società Italiana Di Cure Palliative