La Nutrizione nella SLA: il paradigma del “vivere sopra”

Gustare il cibo, apprezzarne i sapori e le consistenze, crea un legame che va oltre l’atto di mangiare, trasformandosi in un’opportunità di partecipazione e piacere. Stare a tavola non è solo un momento dedicato al nutrimento, ma può diventare un’esperienza emotiva e di socialità.

Il cibo e la nutrizione sono stati protagonisti nel Convegno “SLA: Metabolismo e Nutrizione. Nuove frontiere nella presa in carico per il benessere della persona”, che si è svolto il 24 e il 25 ottobre, nella meravigliosa cornice dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Cuneo). Promosso dall’alleanza tra i Centri Clinici Nemo, AISLA e SLAfood sotto l’egida di Slow Food, l’evento ha riunito esperti del settore per discutere delle necessità alimentari dei pazienti con SLA e della ricerca di nuove soluzioni per migliorare il loro benessere.

L’idea è nata dall’intuizione di Davide Rafanelli, Consigliere Nazionale AISLA, presidente di SLAFood e persona con SLA. Davide ha voluto aggiungere il suo pezzo di vita, un ulteriore punto di vista che evidenzia quanto sia fondamentale aumentare la consapevolezza sull’importanza della nutrizione nei malati di SLA, in particolare per chi soffre di disfagia. “Noi malati di SLA possiamo avere maggiori possibilità di alimentarci in modo corretto e anche con gusto,” ha raccontato durante il talk con la stampa.

Per chi soffre di disfagia, è importante non perdere questo momento di socialità. Grazie alla messa in pratica della teoria clinica, gli chef di SLAFood hanno avviato le cucine nella mattina seguente. Odori, sapori e consistenze sono state le linee guida di un percorso enogastronomico d’eccellenza, fatto al servizio delle persone con SLA. Grazie a piatti studiati per essere vellutati e soffici, ma non privi di gusto, anche chi ha difficoltà di deglutizione si può ritrovare il piacere della convivialità, sentendosi parte di un momento condiviso, senza che la propria condizione sia di ostacolo alla gioia dello stare a tavola.

A dare importanza al tema della nutrizione clinica, il Prof. Giorgio Calabrese, nutrizionista e membro della Commissione medico-scientifica di AISLA, che ha sottolineato l’importanza di un approccio nutrizionale mirato, spiegando che i pazienti con SLA non devono essere considerati “ammalati”, ma persone con esigenze specifiche e disturbi che compromettono la qualità della vita. Uno degli aspetti più critici è la disfagia, che rende difficoltosa l’assunzione di cibo e liquidi. “Avere disfagia significa non riuscire a ingoiare – ha spiegato il Professore alle telecamere di ADNKronos – quindi è essenziale offrire alimenti vellutati, morbidi ma non troppo liquidi o troppo solidi, armonizzati nella loro sofficità”.

A guidare la brigata degli chef, il vicepresidente SLAFood Roberto Carcangiu, presidente di APCI Chef. Dall’amicizia indissolubile con Davide Rafanelli è nata l’Associazione, volta a trasformare il nutrimento da necessità a esperienza di vita: “Quando si ha la SLA e si soffre di disfagia, nutrirsi non deve essere solo una questione di sopravvivenza, ma di ‘vivere sopra’ – un concetto che eleva la qualità della vita”. L’atto del cucinare diventa quindi un atto di amore nei confronti di tutta la Comunità SLA.

Nella seconda giornata, nel Pollenzo Food Lab, gli chef hanno quindi avviato laboratori pratici di cucina, dando forma ai concetti nutrizionali indicati per le persone con SLA. Piatti che soddisfino non solo i bisogni fisiologici, ma che offrano anche un aspetto emotivo e sociale, perché, come spiega Carcangiu, “Chi è più felice davanti a un piatto lo è anche nella quotidianità”.

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