I dati sui Lea con il nuovo sistema di valutazione per prevenzione, assistenza distrettuale e ospedaliera. Solo 9 Regioni su 21 superano la sufficienza in tutte e tre le aree

di Luciano Fassari www.quotidianosanita.it

Il 60% delle Regioni non garantirebbe i Livelli essenziali di assistenza (Lea), il che tradotto vuol dire ben 12 Regioni su 21. È un vero e proprio shock quello che emerge dalla prima sperimentazione (che siamo in grado di anticipare) attuata dal Ministero della Salute sul Nuovo Sistema di Garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza approvato lo scorso dicembre in Stato-Regioni. Il modello, come già anticipato nei giorni scorsi, entrerà in vigore nel 2020 e tutto quest’anno servirà a sperimentarne la bontà.
Ma un fatto rimane, dai primi esiti della sperimentazione si rileva una situazione drammatica per la sanità italiana con una fotografia ben diversa da quella emersa dall’attuale Griglia Lea, secondo la quale le Regioni inadempienti sono solo 2. La sperimentazione si è basata sull’anno 2016 e ha preso in esame 3 distinte aree di assistenza: ospedaliera, distrettuale e prevenzione.
Gli indicatori test. Ogni area è poi stata suddivisa secondo degli indicatori precisi e per la sperimentazione ne è stato utilizzato un sottoinsieme di 6 per l’area della prevenzione (copertura vaccinale pediatrica per esavalente e Mpr, controllo animali e alimenti, stili di vita, screening). Otto sono invece gli indicatori test per l’attività distrettuale (tasso ospedalizzazione adulti per diabete, Bpco e scompenso cardiaco; tasso ospedalizzazione minori per asma e gastroenterite; tempi d’attesa; consumo antibiotici; pazienti trattati in Adi; percentuale re-ricoveri in psichiatria; numero decessi da tumore; anziani non autosufficienti nelle Rsa). E 7 infine gli indicatori test per l’attività ospedaliera (tasso ospedalizzazione; interventi tumore maligno al seno; ricoveri a rischio inappropriatezza; proporzione colecistectomie con degenza inferiore ai 3 giorni; over 65 operati di frattura al femore entro 2 giorni; parti cesarei).
I risultati. 
Le 9 regioni che garantiscono i Lea seocndo i nuovi indicatori sperimentali. Al top si attesterebbe il Piemonte, seguito da Lombardia, Pa Trento, Veneto, Liguria, E. Romagna, Toscana, Umbria e Marche. Da notare come tutte queste regioni, seppur con posizioni differenti siano in ogni caso tra le migliori anche secondo la Griglia Lea 2016 (che ricordiamo non misurava le Regioni a statuto speciale).

Le 12 regioni che non rispetterebbero i Lea.
Fino a qui, quindi, tutto in linea con le rilevazioni fatte fino ad oggi. Il punto è che dalla sperimentazione, tutte le altre 12 regioni non sembrano essere in grado di garantire i Lea. Tra le regioni vicine alla sufficienza ci sono Friuli Venezia Giulia (che non raggiunge la sufficienza solo sull’attività di prevenzione), il Lazio (insufficiente solo nell’attività distrettuale). Scendendo la graduatoria troviamo poi l’Abruzzo (appena sotto la sufficienza per l’attività distrettuale e ospedaliera), cui segue la Puglia (che è appena sotto la sufficienza in tutte e tre le aree).
A seguire poi c’è un altro sottogruppo di 3 regioni che si collocano tra il 4 e il 5 come valutazione complessiva e parliamo di Basilicata, Calabria (che nella griglia Lea 2016 era invece penultima) e Sicilia.
Infine ci sono le 5 peggiori che hanno dati con dati più negativi soprattutto  per l’assistenza territoriale con punteggi molto bassi: Valle d’Aosta e Pa Bolzano (sufficienti entrambe solo per l’ospedaliera), Molise e Sardegna (sufficienti solo per la prevenzione) e infine la Campania che non riesce a conquistare la sufficienza in nessuna delle tre aree.

Da notate come, a parte Calabria e Campania che già nella Griglia Lea non raggiungevano la sufficienza, sono molte di più le Regioni sotto il livello minimo di erogazione. Altro fattore che emerge è quello che vede la maggioranza di insufficienze nell’area distrettuale andando a confermare il problema cronico della carenza dell’assistenza territoriale.
Va un po’ meglio per la prevenzione mentre l’attività ospedaliera appare quella meno in crisi con i dati di perforance generalmente più alti.
Insomma, a parte l’analisi delle graduatorie, ciò che emerge dalla sperimentazione è un quadro molto peggiore di quello cui ci avevano abituato le ultime rilevazioni della “vecchia” Griglia Lea  e forse anche questo spiega il perché le Regioni, in sede d’intesa, abbiano chiesto lo scorso dicembre di rimandare l’avvio del nuovo sistema al 2020 e perché nel nuovo Patto per la Salute chiedano di rivedere le norme su piani di rientro. Anche perché stando così le cose altro che regioni che escono dai commissariamenti, qui si rischia di avere mezza Italia in Piano di rientro e con commissari governativi.
E infine è indubbio che questi risultati (per carità ancora da prendere con le molle e su cui i tecnici di Ministero e Regioni sono al lavoro) offrono un quadro disarmante rispetto alla auspicata uniformità dei servizi erogati nelle diverse realtà territoriali proprio ora che si sta stringendo il cammino verso una maggiore autonomia regionale anche in sanità.

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