
“La luce che non si vede” – La storia di Barbara, una caregiver con la passione negli occhi e la vita nel cuore
C’è una luce che attraversa la fatica, la malattia, il dolore. Una luce che non si vede con gli occhi, ma si sente con l’anima. È la luce che Barbara Paghera ha scelto di raccontare nel suo libro “La luce che non si vede. La passione di un caregiver”, una testimonianza sincera e senza filtri della vita vissuta accanto al marito Giuseppe, malato di SLA.
Il libro nasce da un gesto semplice, quasi casuale, ma pieno di significato. “È stato scritto perché c’era un’immensa gioia per il matrimonio – racconta Barbara – e in realtà tutto è partito perché ci hanno chiesto di scrivere un articolo in occasione del matrimonio. AISLA ci voleva conoscere e quindi conoscere un attimo la nostra storia”.
Da quel primo articolo, nato tra i letti affiancati di Barbara e Giuseppe, è sbocciato il desiderio di raccontare di più. Di lasciare traccia. “Mi sono messa vicino a Giuseppe, col computer, e mi è venuta in realtà una sintesi, direi in pochissimo tempo, della nostra storia, del matrimonio, della felicità di essere insieme”.
Quel testo ha acceso qualcosa. Un’intuizione che ha trovato voce grazie a un editore sensibile e pronto ad ascoltare. “L’editore mi ha ascoltata e mi ha detto che era una storia molto interessante anche perché viene vista non dalla parte del malato, ma dalla parte del caregiver. Che è un dono di vita”.
E così, spinta dalla gioia e da un’urgenza interiore, Barbara ha messo nero su bianco emozioni, pensieri e ricordi. “È un libro vero, senza filtri, non ho messo maschere. Ho buttato proprio su carta quello che sono state le mie emozioni più forti nei vari passaggi della malattia”.
Ma c’è di più. C’è la leggerezza con cui Barbara ha vissuto il suo ruolo, nonostante tutto. Una leggerezza che non è superficialità, ma forza. “Per me non è mai stato un sacrificio. Per Giuseppe è stata comunque una gioia: ha deciso di vivere, di fare tutto quello che serviva per continuare a vivere. Si è preso in giro, ha vissuto in mezzo agli altri!”.
Il libro è anche uno sguardo profondo su ciò che significa prendersi cura, con amore, ma anche con competenza. Barbara, medico nucleare di professione, ha vissuto con doppia intensità la sua battaglia. “Il fatto di essere medico mi ha fatto soffrire forse ancora di più rispetto a un caregiver normale… perché capivo. Le cose che non andavano le vedevo, e le ho viste fino alla fine”.
Barbara continua a essere molto legata alla sezione di AISLA Brescia. “Frequento il gruppo – racconta – e il ricavato dalla vendita lo devolverò ad AISLA Brescia per l’acquisto di un’auto per disabili. Questo era il mio progetto. Era il desiderio anche di Giuseppe: quando ne abbiamo parlato, mi ha detto ‘a me non interessa diventare famoso, ma quello che ricaverai sarà dato in beneficenza’”.

Ma il vero cuore del libro è il messaggio che trasmette: un amore che ha saputo andare oltre la malattia. “Tutti quelli che lo leggono colgono innanzitutto la voglia di vivere – racconta Barbara – e l’amore che ha contraddistinto la nostra storia, il nostro stare insieme, al di là della malattia. Io vedevo mio marito, non la malattia. Vivevamo giorno per giorno come se il domani fosse di guarigione, non di peggioramento. Era una battaglia positiva, un voler vivere e condividere”.
E questo messaggio ha toccato nel profondo chi ha letto il libro. “Chi vive la stessa situazione mi ha detto: ‘Hai descritto perfettamente quello che ho vissuto anch’io’. E chi invece non ha mai avuto contatto con la malattia mi ha detto che è stato un insegnamento: adesso ho capito che dietro a un malato non c’è solo la malattia. C’è una persona, che ha voglia di vivere e delle prospettive, anche in mezzo alla fragilità”.
Barbara è stata il cuore e la mente accanto a Giuseppe. Unita a lui da una passione silenziosa, resistente, luminosa. “La luce che non si vede” è il racconto di tutto questo: un amore che si fa testimonianza, un dolore che si fa parola, una vita che continua a brillare sulle strade della solidarietà.