Caregiver: legittimo l’esonero dal lavoro notturno se si ha in carico una persona con disabilità.

Fonte: Approfondimento a cura del Centro Studi HandyLex di Fish Onlus

Interessante ordinanza della Corte di Cassazione riguardante i diritti dei lavoratori che si occupano di persone con disabilità. Il principio è esplicato nell’ordinanza n. 12649/2023.

In sostanza la Corte ha statuito che il lavoratore che ha a carico una persona con disabilità non è obbligato a svolgere attività durante l’orario notturno. L’agevolazione deve essere concessa indipendentemente dalla condizione di gravità della disabilità.

Il ricorso agli ermellini parte da una sentenza della Corte di Appello di Milano, che aveva confermato  la pronuncia di primo grado con la quale era stato accertato il diritto del lavoratore nei confronti della datrice di lavoro a non prestare lavoro notturno “sino a quando […] avrà a suo carico la madre disabile ai sensi delle Legge n. 104 del 1992”.

La Corte infatti, aveva condiviso appieno l’interpretazione fornita dal giudice di primo grado dell’art. 53, comma 3, del D.Lgs. 26.3.2001 n.151 e dall’art.11, comma 2, lett. c), del D.Lgs. 8.4.2003 n.66, nel senso che i dettami legislativi sopra richiamati non necessitano, ai fini della possibilità di esonero dai turni notturni, la dichiarazione di gravità dello stato di handicap del familiare a carico del lavoratore.

I motivi dedotti nell’impugnativa da parte del datore di lavoro sono stati sostanzialmente due:

  • un primo motivo di ricorso con cui si è denunciata “violazione e/o falsa applicazione degli art.53 L. 151/2001 e 11 D.Lgs. 66/2003 anche in relazione all’art.3 e 33 L. 104/1992 (Art.360 n.3 c.p.c.)”.

In buona sostanza, il datore di lavoro riteneva che fosse corretta l’interpretazione secondo cui, l’accertamento dello stato di gravità dell’handicap è necessario per il riconoscimento dell’esenzione dal lavoro notturno”, adducendo che “solo in caso di accertato stato di gravità dell’handicap può ritenersi provata e necessaria un’assistenza sistematica ed adeguata, effettiva appunto, alla persona del disabile tale da giustificare la compressione di contrapposti obblighi lavorativi”;

  • il secondo motivo denunciava l’ “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (Art.360 n.5 c.p.c.)”;

Sosteneva il datore che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare che il lavoratore non aveva mai offerto la prova dell’assistenza (sistematica e adeguata) effettivamente garantita alla persona con disabilità perché “a carico”, tale da determinare una maggiore difficoltà nella vita lavorativa, non essendo sufficiente la sola circostanza della convivenza, di per sé sterile a tal fine, se non commisurata al grado di impegno (assistenza) che la condizione (gravità) di handicap può comportare.

Secondo il datore di lavoro, la disposizione l’articolo 11, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 66/2003 (nonché l’articolo 53, comma 3, del Dlgs 151/2001), che stabilisce il non obbligo di svolgere lavoro notturno per il lavoratore che ha a carico una persona considerata disabile ai sensi della legge 104/1992, richiederebbe implicitamente che l’esenzione dal lavoro notturno si applichi solo se la disabilità è grave, poiché solo in tal caso sarebbe necessaria un’assistenza sistematica, adeguata ed effettiva “tale da giustificare la compressione di contrapposti obblighi lavorativi“.

La Corte di Cassazione non ha condiviso ( a ragione riteniamo) questa interpretazione della norma; anzi ha sottolineato come l’articolo 3 della legge 104/1992 definisce sia la condizione di handicap (comma 1) che quella di handicap grave (comma 3), e che chiunque presenti le menomazioni descritte nel comma 1 è già considerato in condizione di disabilità.

Inoltre, il requisito “a carico” non influisce in alcun modo sulla gravità della disabilità.

Infatti si legge che non si può certo negare che si possa avere cura e fare carico di una persona che presenta una minorazione che causa difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa, e che determina un processo di svantaggio sociale o di emarginazione, anche quando tale situazione non richieda un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella festa individuale o in quella di relazione“.

La Suprema Corte poi si spinge anche oltre, identificando criteri di carattere generale.

Infatti ha specificato che quando il legislatore ha voluto subordinare un beneficio alla presenza di un handicap grave, egli lo ha previsto espressamente.

Ed inoltre che nel perseguire la tutela della persona con disabilità, la Corte ha stabilito che il trasferimento del lavoratore senza il suo consenso è vietato anche se la disabilità del familiare di cui si prende cura non è grave, nonostante la condizione di gravità sia prevista dalla norma.

Pertanto, analizzato il caso specifico ed quadro generale, la Cassazione ha ritenuto che introdurre il requisito aggiuntivo della gravità dell’handicap per l’esonero dal lavoro notturno “si tradurrebbe in una indebita interpolazione ermeneutica del testo, tanto più ingiustificata in un ambito, quale quello del diritto dei disabili, insuscettibile di limitazioni di tutela al di fuori di una chiara presa di posizione del legislatore.

Alla luce di questa importante statuizione, il caregiver lavoratore può chiedere l’esonero dal turno notturno indipendentemente del tipo di gravità, ovvero che sia L. 104/92 articolo 3 comma 1 o comma 3.

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